MODELLI PER LA STRUTTURA PER SCADENZA DEI TASSI D’INTERESSE: L’APPROCCIO STATISTICO-PARAMETRICO

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di Cosimo Maggio

Gli approcci metodologici che riguardano la teorizzazione della SpS possono essere classificati (uno dei tanti modi per classificarli) in due gruppi: il primo lo possiamo definire di tipo statistico-parametrico, nel senso che esso cerca di “sviluppare un modello parsimonioso in termini di ipotesi e parametri, capace di ricavare i tassi della SPS impliciti nei prezzi di mercato interpolando al meglio i dati osservabili e producendo una curva sufficientemente liscia (smooth) al variare delle scadenze”…

Caso o Scopo? La depressione di un orologiaio “intelligente” e la soluzione di un orologiaio “cieco”

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Dialogo tra Democrito e Platone

di Cosimo Maggio

Quando irruppe dentro, lo trovò sdraiato sul letto che fissava inerme il soffitto. Si guardò intorno, scosse la testa e con un fazzoletto alla bocca si diresse risoluto verso la finestra. Quando la aprì, un alito veloce di vento fresco conquistò la stanza, facendo svolazzare tende, fogli e polvere. Democrito ricominciò a respirare. Poi, fissò l’altro, e risoluto: “Ora mi spieghi che stai combinando? Il tuo servo mi ha detto che sono cinque giorni che non esci di casa: non mangi, non ti lavi, non apri la tua bottega; i tuoi clienti si lamentano, e rivogliono i loro orologi e i loro soldi; come pensi di andare avanti così?”; al lato della porta c’era un tavolino con la cena della sera precedente intatta. “Dammi una motivazione valida di questo tuo insensato comportamento”.

        E con fievole voce: “Motivazione? Sbagli la domanda, amico mio: non chiederti la causa; pensa allo scopo, invece; chiediti: a quale scopo”, Platone si sollevò a stento, ma ricadde giù pesantemente sul letto.

        “Tu vaneggi: mi stai dicendo che questo tuo lascivo modo di consumarti dipende dal fine che hai, ma non dalla causa che ti ha portato alla depressione? Sei depresso, questo si vede; ma non so per quale motivo”, trascinò una sedia davanti al letto. Si piazzò lì, benevolo. “Allora, dimmi: ascolto con trepidazione”.

        “Ti ripeto: non c’è una vera causa intermedia; c’è solo quella finale. Tutto ha uno scopo”, questa volta fece leva sulle tremolanti braccia; riuscì a tirarsi su.

        Democrito si mostrò spazientito: “Non mi prendere in giro; nulla avviene senza motivo, ma tutto secondo una ragione e con necessità. Il tuo scopo finale è solo la conclusione di una sequenza meccanica di cause e di effetti, che auto-organizzandosi si evolvono dinamicamente verso un nuovo equilibrio instabile, e tutto ricomincia”. L’altro, intanto, si era rigirato e seduto sul letto, lentamente, di fronte a lui.

        “Non è vero: nulla si auto-regola. Credimi. Abbiamo bisogno di un intervento esterno che indirizzi le cose. Tu sei un orologiaio come me, e sai che, per il tuo fine ultimo, devi progettare gli ingranaggi, gestire le molle, garantire le interconnessioni, altrimenti… altrimenti, l’orologio non funziona: gli orologi hanno bisogno di un orologiaio intelligente, non cieco, come dici tu. Hai capito quello che intendo? L’orologio risponde a te, che ne sei il costruttore. La realtà non è cieca, non si evolve nel caos; agisce secondo la coscienza del suo creatore… il mio stato pietoso risponde alle necessità del progetto finale di chi guida le mie fila e orienta le mie azioni”, digrignò i denti e chiuse gli occhi. Sembrava che stesse soffrendo ma di un dolore dell’anima più che di un dolore fisico. “Amico mio, siamo fregati: non c’è speranza per la nostra libertà e indipendenza”, sospirò di un fiato pesante e disperato.

        “Praticamente ti stai suicidando coscientemente, e di cui non se ne capiscono i motivi, per uno strano scopo pensato e ideato a priori da un demiurgo illuminato che sta al di sopra della tua logica volontà e necessità di sopravvivere? Platone, che ti sei fumato? La tua azione di non mangiare ha un effetto non logico; il tuo inesorabile e spietato fine cozza contro la positiva esigenza di reazione: non se ne vede un ragionevole traguardo, l’obiettivo finale, nella tua argomentazione. E tu dici che esiste un’entità esterna a te che avrebbe già deciso che tu avresti fatto una brutta fine? Guardati, farai una brutta fine”, sospirò. “Ebbene sì: là fuori, al di fuori della tua bottega di orologiaio intelligente, esiste solo un orologiaio cieco che lascia scorrere il tutto nel caos libero e senza scopo finale: nessuno progetta il tuo futuro, sappilo”. Si alzò, e con rabbia, afferrandolo per la giacchetta: “Io però ho la soluzione”.

        E Platone, alquanto impressionato da quell’inspiegabile e inaspettato atto: “E qual è la soluzione?”, lo disse sgranando gli occhi, un po’ perplesso.

        “Shopping, andiamo a fare shopping: il tuo orologiaio intelligente non l’avrebbe potuto prevedere questo”, se lo acchiappò di peso e se lo trascinò con forza fuori casa.

[Liberamente tratto da: Abbagnano N., Fornero G. “Filosofia. La ricerca del pensiero“, vol. 1a, Paravia-Pearson]

2007-2020: terribilis iste tempus est

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Le quattro crisi economiche che sconvolsero il mondo, in questo ultimo quindicennio

di Cosimo Maggio

Dalla crisi bancaria…

        Il tutto ha avuto inizio negli United States of America, agli albori del nuovo millennio, quando cominciò a gonfiarsi una bolla immobiliare (aumento repentino dei prezzi degli immobili, che raggiungono un livello eccessivo, insostenibile, rispetto alla capacità media di spesa immobiliare di una collettività), accompagnata da massicci incrementi nel volume dei mutui, erogati da certe banche ai cosiddetti “clienti subprime” (clienti classificati come poco attendibili nella restituzione dei prestiti).

Il successivo aumento dei tassi, sui quali erano calcolate le rate, e il contestuale tracollo del valore delle case, che erano a garanzia dei contratti, resero tali contratti inesigibili (anche perché i debitori si ritrovarono a pagare un debito spropositato rispetto al prezzo aggiornato dell’immobile: semplicemente, smisero di pagare le rate del mutuo, sia perché la rata era diventata troppo alta per i loro redditi, sia perché non era più conveniente). L’effetto fu una crisi di illiquidità che mise in ginocchio le banche erogatrici. Siamo tra il 2007 e il 2008.

Comunque, contemporaneamente alla stipula dei contratti, l’alto rischio dei subprime aveva indotto le banche ad “operazioni di cartolarizzazione”, trasformazione dei crediti in titoli derivati (titoli il cui valore è derivato da quello di altri titoli), e vendita di questi ad altri intermediari finanziari, sia europei che asiatici, in cambio di liquidità immediata.

Ora, nel momento in cui i mutui divennero inesigibili, i derivati costruiti sui subprime azzerarono il loro valore: chi li aveva acquistati si ritrovò con cataste telematiche di “carta straccia”. Ecco come è avvenuto il contagio: l’esito negativo dell’esplosione della bolla immobiliare, attraverso i CDS e i CDO (strani pseudonimi, frutto dell’ingegneria finanziaria), si rifletté su tutto il mondo occidentale, destabilizzando banche e società mobiliari. La crisi finanziaria si trasformò in crisi di fiducia, il cui risultato è stato una vera calamità per il sistema bancario: tra fallimenti e salvataggi poco chiari, gli intermediari finanziari iniziarono a non fidarsi più gli uni degli altri. E questo durò per più di due anni.

…alla crisi del debito sovrano…

        Intanto, nel gennaio 2010, i vertici UEM scoprirono che il debito pubblico della Grecia era “taroccato”: è così che si diede inizio ad una seconda fase destabilizzante per l’economia, in particolare per quella interna alla UE.

        La crisi del debito sovrano si manifestò preoccupante per diversi paesi dell’area Euro, accentuata da un’economia mondiale in depressione o, comunque, in rallentamento.

        Qualcuno riprese a parlare di Europa a due velocità. Si iniziò a sbarazzarsi dei titoli pubblici di quei paesi considerati “i meno virtuosi” (quelli appartenenti alla serie B della UEM), i cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). In Italia, questo è ricordato come il periodo dell’impennata dello spread, il differenziale del nostro tasso rispetto a quello della Germania, espressione del livello di sfiducia che i mercati finanziari avevano verso il nostro paese.

…per finire in deflazione…

        Infine, la deflazione, lo spauracchio più temuto dalle imprese: produrre beni e servizi che, tra la produzione e l’atto di vendita, subiscono una riduzione dei prezzi, contraendo ricavi e profitti, in presenza di recessione prolungata del reddito e dell’occupazione. Un periodo esteso di deflazione sarebbe più distruttivo di qualsiasi altra forma di crisi.

        In Italia, il livello medio dei prezzi ha continuato a scendere fino al novembre del 2014, data in cui divenne negativo, e con lui anche i tassi di interesse reali.

…fino al 2018…

        Mi chiedo: al primo semestre del 2018, eravamo riusciti ad uscirne da questa temibile triade di distruzione del valore?

        In base ad una certa lettura dei dati macroeconomici sembrerebbe che la fase più problematica fosse passata. Pare che il PIL viaggiasse ad un tasso superiore al 1% e ad un tasso di inflazione comunque positivo, ma gli addetti ai lavori non sembravano proprio entusiasti.

        E come erano andati gli altri stati?

        Per la Germania, la sequenza delle crisi era durata solo 4 anni: già dal 2011 il PIL tedesco aveva ripreso a salire.

        L’Inghilterra, poi, nel 2013 era riuscita a tornare a livelli pre-crisi.

        L’Irlanda, che come noi era nei PIIGS, in quei ultimi due anni stava oscillando tra il 5% e 10%.

        E così via… quasi tutti i Paesi, sia della zona Euro che esterni, si sono dati da fare e si sono messi alle spalle la crisi. Solo la Grecia ancora arrancava, anche se i numeri economici stavano sensibilmente migliorando.

        E noi, l’Italia? Beh, tra la pseudo-riforma del jobs act, i finti tagli alla spesa pubblica, tentativi di riordino costituzionale andati a male, 80 euro a pioggia.. anzi a tempesta, riforma della “buona scuola”… senza portafoglio, e partiti che dopo le elezioni non riuscivano a darci un governo in tempi brevi… beh, sarebbe stato meglio se avessimo chiesto ai tedeschi di prestarci per qualche anno la Merkel… così, giusto per capire se il problema fosse “il bel Paese” o proprio i nostri politici.

…poi, infine, arrivò la pandemia

Ma ciò che sembrava poter essere un “cigno nero”, agli inizi del 2020 (noi ancora ci stavamo leccando le ferite delle tre precedenti crisi), si rivelò una delle peggiori realtà mai vissute (dall’intero mondo, io direi) in questi ultimi settant’anni (dalla fine della Seconda guerra mondiale, insomma): il Covid 19.

        Per avere un’idea circa l’immenso impatto negativo del “lockdown” basta guardare ai dati previsionali sul PIL italiano per l’anno 2020:

  • ISTAT: -8,3% (stima del 8 giugno 2020);
  • Fondo Monetario Internazionale: -12,8% (stima del 24 giugno 2020);
  • OCSE: -11,3% ovvero -14%, se ci sarà una nuova ondata Covid (stime del 10 giugno 2020);
  • EUROSTAT: -5,3%, nel primo trimestre dell’anno (dato del 9 giugno 2020)…

…un vero balletto di cifre che la dice lunga sul fatto che neanche gli economisti e gli statistici riescono a prevederne i costi.

        “Non ci resta che piangere”… e rimanere a guardare, io direi.