Dialogo tra Anassagora, Democrito e Protagora
di Cosimo Maggio
Il treno rallentò.
Una voce all’altoparlante interno annunciò l’imminente arrivo. Anassagora sospirò. Guardava fisso oltre il vetro del finestrino. Tutto sembrava corrergli incontro:
– “La bellezza, l’ordine… come fate, voi altri, a dire che non esiste?”, si girò verso i due amici. Aveva parlato già un quarto d’ora, e non voleva mollare. “Ditemi, come fate? Egli è un Architetto, un Orologiaio, un Ingegnere, un Chimico… un Dio, insomma… come fate a non credere alla sua esistenza? Tutto parla di lui”, ritornò a guardare oltre il finestrino. Il treno continuava a rallentare. “La realtà trascende l’uomo… tutto parla di Lui, del nostro creatore”.
Democrito, intanto, finito di mangiare il suo sandwich, arrancò una manciata di bruscolini che teneva gelosamente nascosti nella giacca del soprabito, e iniziò a sputare le bucce al lato, sulla moquette del corridoio. Sbottò:
– “Il solito sentimentale”, si strofinò la bocca con la manica del giaccone. “Conosci prove valide che dimostrino che hai ragione, o parli per sentito dire? Il Tutto, come dici tu, parla per sé stesso: è chimica, fisica, biologia… è tutta roba che si spiega da sola… è materia in movimento, cinica, aleatoria, divoratrice di verità nascoste ma del tutto conoscibili, e le conosceremo prima o poi. Ecco cos’è che vedi: è solo materia tranquillamente accessibile alla ragione umana”, abbassò i toni e se lo disse tra sé: “è solo materia, fredda materia dura come la testa di questi”, sghignazzò. Poi, riprese a tono forte, strillò a tal punto che lo sentirono in tutto il vagone: “Ci sarà un giorno che l’uomo riprodurrà ogni cosa in un laboratorio, reale o divina che sia questa cosa.. e allora, a che sarà servito il vostro Dio?”, si girò verso il terzo, che tenendo gli occhi socchiusi tentava di rilassarsi con respiri profondi. “Tu, Protagora, cosa ne pensi?”, lo disse calmo e si riempì di nuovo la bocca di sementi.
– “…che avete torto tutti e due”, sospirò e aprì gli occhi, se li fissò. “Mi pare che la questione sia abbastanza chiara”, si raddrizzò sulla poltrona della carrozza, che ormai aveva preso la forma del suo grossolano sedere: “in primis, non abbiamo bisogno di un’intelligenza soprannaturale per spiegarci le cose; in secundis, nessuno, e dico nessuno, è certo che non esista questo Dio. Quindi, ditemi come fate voi a essere così stupidi da rimanere cementati sulle vostre posizioni? L’uno è convinto che esiste, l’altro che non esiste”, si sgranchì il collo facendo roteare la testa. “Su Dio non sappiamo nulla, e nulla possiamo dire, cari amici miei”, si risistemò rigirandosi dall’altro lato, e si rimise a sonnecchiare.
Il treno rallentò a tal punto che si fermò. Anassagora alzatosi abbassò il finestrino e infilò la testa verso l’esterno per vedere meglio. Rientrò senza averci capito nulla:
– “Che sarà successo? Siamo in mezzo alla campagna, e non c’è anima viva intorno”. Si risedette.
– “Fatalità? Caso? Progetto divino? O è solo l’irresistibile dinamica del possibile? Chi è capace di rispondere? Insomma, perché siamo fermi? Saremmo dovuti già arrivare”, Protagora si era ravvivato, ma solo per pochi secondi. Guardò l’orologio e si ammutolì di nuovo.
– “E secondo voi com’è nata la materia? Chi ha acceso la miccia?”
Democrito sbuffò:
– “Ancora, ancora… ancora fantasie inverosimili: usate il cervello. Babbo Natale non esiste. Non abbiamo bisogno di una mente divina per creare la materia: basta una fornace atomica… uno si mette lì, fa l’impasto acqua e sabbia e inforna, come una bella torta”.
– “Sei il solito populista”, scosse la testa. “Balbetti un pensiero semplicistico, spari quattro battute, e ti sembra di aver detto tutto quello che c’era da dire; ma dimmi, come è nato il tutto? E non come lo ricreiamo… questo ti chiedo”, Anassagora sembrò stizzito.
– “E io ti chiedo di più: le tue idee, come sono nate? Non mi dire che è stato Dio a suggerirtele!”, Democrito si allungò la piccola coperta, che aveva di lato, sulle gambe raggomitolate, e socchiuse gli occhi: “chiudete quel finestrino, che fa freddo”.
Anassagora continuava a scuotere la testa e più volte, ma non disse oltre. Protagora aveva già iniziato a russare.
Il treno ripartì lentamente.
[Liberamente tratto da: Abbagnano N., Fornero G. “Filosofia. La ricerca del pensiero“, vol. 1a, Paravia-Pearson]